venerdì 20 dicembre 2013

La lunga oscura pausa caffè dell’anima

Bellissimo titolo, autore strepitoso.

Il titolo (tradotto letteralmente e mutuato da una frase pronunciata in un altro romanzo di Douglas Adams: La vita, l’Universo e tutto quanto) è bello anche in inglese: The Long Dark Tea-time of the Soul, e il libro è bello anche in italiano. Libro che riveste un’importanza particolare nella bibliografia di Adams, dal momento che è stato l’ultimo ad essere pubblicato mentre l’autore era ancora in vita.


Chi è che non ha mai sentito parlare del famosissimo manuale Guida galattica per autostoppisti? Penso che non esista amante di fantascienza che non l’abbia letto ed apprezzato, insieme al suo seguito Ristorante al termine dell’Universo, ai successivi La vita, l’Universo e tutto quantoAddio, e grazie per tutto il pesce e Praticamente innocuo, tutti facenti parte della stessa serie nata originariamente come sceneggiato radiofonico e diventata un classico della fantascienza umoristica. Li ho voluti citare tutti perché sono tutti bei titoli. E bei romanzi. Che cosa fareste se domattina il cielo sopra di voi si riempisse di astronavi in giallo Caterpillar e vi annunciassero che l’intera Terra sarà distrutta per lasciare il posto ad una circonvallazione spaziale? E di tempo non ne avete mica molto… 3… 2… 1…
Fenomenale. Questa serie, “trilogia” in cinque parti unica al mondo,  è proprio un caposaldo della fantascienza. Se non l’avete letta cominciate dal primo.
Con La lunga oscura pausa caffè dell’anima Adams prosegue un’altra serie con protagonista l’investigatore privato (olistico) Dirk Gently (che assomiglia non poco al personaggio principale della Guida galattica Arthur Dent), ma pur cambiando argomento rimane sempre nel surreale assoluto tirando in ballo questa volta, al posto di alieni supersenzienti, tutta la mitologia nordica, da Odino a Thor, e facendola interagire con gli umani in maniera paradossale.
Si vengono così a scoprire poco probabili patti stipulati tra Dei e Uomini, difficili rapporti tra padre e figlio (Odino e Thor), dilemmi esistenziali e difficoltà psicologiche dovuti alla scomoda condizione di immortalità senza più adoratori, il tutto condito dal più classico understatement che contraddistingue l’humour britannico.
Una lettura piacevole, che ti spiazza un pochino per le situazioni assurde in cui vieni calato, ma che ti diverte per l’immediatezza dello stile e i continui paradossi.
Ma Adams non si è occupato solamente di humour surreale. Un aspetto narrativo poco conosciuto dell’autore britannico riguarda le opere in cui l’umorismo è totalmente assente: quelle in cui si è interessato di biologia e di ecologia denunciando la devastazione compiuta dall’uomo in molte aree del pianeta. Sono opere in cui tristezza e delusione prendono il posto del divertimento, che hanno contribuito al risveglio ecologico di molte coscienze.
Un’altra interessante curiosità trovata su Wikipedia: oltre ad essere anche un buon chitarrista, Douglas Adams era amico di David Gilmour, che gli ha permesso di suonare alcuni pezzi in uno dei mitici concerti dei Pink Floyd.
Il Lettore

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