lunedì 19 maggio 2014

Una stanza tutta per tre

Un altro fumetto, un’altra graphic novel di gran livello che dovrebbe aiutare a convincere tutti gli scettici sulla potenza del fumetto nel rendere ambientazioni e stati d’animo che presentano innumerevoli sfaccettature.

Alessandro Bacchetta, giovane autore tifernate, ha avuto il coraggio di rappresentare in forma di fumetto le ultime ore di vita della scrittrice Virginia Woolf, e nonostante il tema triste è riuscito in modo ammirevole a creare un fumetto che si legge d’un fiato e pieno di poesia.


Una stanza tutta per tre è un titolo che richiama la famosa frase di Virginia: “Una donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi”, ed è quindi coerente con il personaggio principale come lo è del resto tutta la narrazione, che ripercorre l’ultima giornata della scrittrice e gli assilli mentali che l’hanno condotta al suicidio. 
Coerente è il disegno, dal tratto semplice e asciutto seppur ricco di particolari; coerente la scelta di narrare le sue ultime ore utilizzando solamente didascalie con riportate le frasi tratte dallo struggente biglietto di addio rivolto al marito; coerente la rappresentazione del disturbo bipolare della donna sotto forma dei due spettri che la assillano di continuo con i loro consigli/ordini.
E le variazioni della gabbia dallo schema base 3x3, a volte trasformato in successioni di piani orizzontali o verticali, o ancora più articolato, spesso con zoommate progressive a sottolineare l’incombenza dei suoi pensieri peggiori, conferiscono dinamismo ad una vicenda che sarebbe potuta apparire statica, e conducono il lettore alla splash page finale che evoca il tragico epilogo.
Ma perché continuare a dire senza mostrare? C. F. ed io abbiamo intervistato l’autore in occasione della presentazione di questo fumetto nell’ambito degli eventi all’interno della manifestazione Perugia Comics, e di conseguenza vi riporto direttamente alcuni stralci della conversazione (debitamente alleggeriti per non tediarvi troppo), che spiegano vari aspetti dell’opera.
C. F. : Alessandro, tu sei il solo responsabile di tutta la produzione, ti reputi soddisfatto del risultato?
A. B. : Non sono mai riuscito a disegnare storie scritte da altri: se ti occupi sia delle tecniche e sia del disegno ricomponi quella divisione tra i ruoli dello sceneggiatore e del disegnatore che spesso è stridente.
Freereader : Una cosa che mi ha colpito è la sceneggiatura: hai usato una gabbia molto mobile che cambia quasi ad ogni tavola. Cosa ti ha portato a realizzarla in questo modo?
A. B. : La storia è nata dapprima come testo teatrale, quindi ho realizzato direttamente uno storyboard sulla base del classico fumetto francese con la gabbia composta di quattro strisce, sulle quali mi sono divertito ad operare alcune variazioni.
F. : Sia in questa storia che nel racconto a fumetti che hai realizzato per Young Guns (ancora inedito, attualmente in corso di stampa - NdF) la tematica di fondo è la morte: cosa porta una persona giovane come te a realizzare vicende così tristi, anche se poi sei riuscito a renderle piacevoli da leggere?
A. B. : La morte è presente in tutti i grandi fumetti o romanzi, è centrale, fa parte della nostra vita, è un tema dal quale non puoi sottrarti.
C. F. : Graficamente i personaggi umani del tuo fumetto sono tutti molto interessanti, ma le figure degli spettri sono veramente bellissime e molto efficaci dal punto di vista narrativo.
F. : La scelta di dare a questi spettri dei volti che richiamano il pennino di una stilografica è facile da comprendere, puoi spiegarci come ci sei arrivato?
A. B. : Questa è una cosa molto divertente, perché il fatto che quei volti sembrassero pennini l'ho scoperto solo in seguito: io non l'ho fatto proprio apposta. Ho cominciato a lavorare partendo dalle  maschere della tragedia greca, cercando di adattarle al volto del padre di Virginia stilizzandone la lunga barba, perché ritengo che in realtà i traumi della scrittrice risalgano al suo conflitto con il genitore, e invece in molti ci hanno trovato la similitudine con dei pennini: e a questo punto conta più questo, rispetto a ciò che volevo intendere io.
F. : Un'altro aspetto che mi ha colpito è la figura del marito: innamoratissimo della moglie e forse un po' remissivo nonostante anche lui, come scrittore, possedesse una personalità ben definita.
A. B. : E' vero, ma il fumetto è su Virginia, quindi a me interessava più il rapporto che aveva lui con lei, che la figura di lui come uomo. Lui era innamorato, non lei. Lei in realtà era bisessuale e quando l’ha sposato era innamorata di una donna, e lui ha donato a lei la propria vita ed è stato ricambiato solo in parte. Secondo me era essenziale far capire questo.
C. F. : Nella lettera finale c'è comunque tutto l'apprezzamento di lei per questo marito.
A.B. : Che però non è riuscito a distoglierla dal suicidio.
F. : Il racconto che hai scritto per Young Guns  è ambientato nell'antica Sparta: come mai questa scelta di passare dall'Inghilterra della Seconda Guerra Mondiale alla Grecia?
A. B. : Io adoro la Grecia e la tragedia, e il fatto che nel periodo in cui l'ho scritto la mia Castello fosse tormentata da terremoti continui ha influito nella creazione: unire la paura di un sisma con la tragedia di Sparta, che dai terremoti fu distrutta, mi è sembrato fosse naturale.

Bel fumetto: profondo, impegnato, tragico, ma piacevole da leggere. Di quelli che ti restano dentro.
Per coloro che fossero interessati a saperne di più: l'intervista ad Alessandro Bacchetta andrà in onda in forma integrale su DotRadio (www.dotradio.eu) nei prossimi giorni.
Il Lettore Intervistatore

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