giovedì 18 settembre 2014

Il bordo vertiginoso delle cose

L’ultimo romanzo che ho letto in vacanza, anche questo trovato nella memoria dell’e-reader della moglie, è stato questo Il bordo vertiginoso delle cose di Gianrico Carofiglio, con il bel titolo tratto pari pari da quel verso di Richard Browning (Our interest's on the dangerous edge of things./ The honest thief,/ the tender murderer,/ the superstitious atheist – da Bishop Blougrams Apology, nella raccolta Men and Women), che tanto caro fu anche a Graham Greene. E se vi domandaste come io abbia potuto fare questo parallelo, e il perché mi sia venuto in mente lo scrittore inglese, lo scoprirete tra qualche giorno, non appena avrò terminato di scrivere la recensione dell’ultimissimo romanzo letto.


Restando in equilibrio sul bordo vertiginoso delle cose,  Gianrico Carofiglio torna a parlare ancora della sua Bari, questa volta in forma di romanzo mentre in Né qui né altrove – Una notte a Bari (vedi), lo aveva fatto prendendo a pretesto una notte passata con due amici a parlare a ruota libera dando sfogo alle loro rimembranze.
Il plot: uno scrittore in crisi creativa viene a sapere della morte violenta di un suo conoscente di gioventù e decide di tornare nella città natale dove riallaccerà vecchie amicizie e si lascerà trasportare dalla nostalgia. Trama semplice per un romanzo semplice come lo stile di Carofiglio; da sottolineare la dicotomia tra il protagonista al presente e lo stesso protagonista giovane, che è ben segnata nella narrazione dall’uso della seconda persona singolare che scinde le due situazioni. Lo scrittore anche questa volta è riuscito a confezionare un elaborato piacevole da leggere, scorrevole e interessante: la tematica è il momento del cambiamento alla fine dell’adolescenza; un romanzo di formazione, se si vuole, con forse un po’ troppi punti di contatto con l’altro precedente Il passato è una terra straniera. La formazione di un adolescente, l’oscillare tra il bene e il male tipico del passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta e il rischio sempre concreto di cadere dalla parte del “male”; dopodiché, qualsiasi scelta si attui, arrivano i ricordi, i rimpianti, i rimorsi.
Lettura piacevole, dicevo, ma non per questo priva di difetti: innanzitutto il “divagare” con dissertazioni di filosofia spicciola, tipico di Carofiglio anche nei romanzi dell’avvocato Gurrieri (forse con lo scopo di allungare di qualche pagina un’opera troppo breve?), e un finale un po’ sbrigativo che non fornisce molte concessioni ad una adeguata introspezione psicologica.
Comunque leggibilissimo.
Il Lettore

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