mercoledì 10 giugno 2015

Ecco la storia

Finora non ho mai recensito Daniel Pennac, pur avendo letto parecchi dei suoi libri. Anni fa avevo cominciato la saga di Malaussène dalla seconda avventura e subito ero corso a prendere la prima puntata e quindi tutte le successive, e Come un romanzo mi aveva quasi entusiasmato, per non parlare di Abbaiare stanca e La lunga notte del dottor Galvan.
Uno in gamba, il Pennac. Uno che sa scrivere. Quindi potrà sembrare strano che per inaugurare le recensioni sui suoi libri io abbia scelto l’unico suo che non mi sia piaciuto. Ma non c’è una ragione in particolare, se non il fatto che è l’ultimo che ho letto.




Qualcuno potrà anche dire che non sono stato capace di capirlo, al ché potrei ribattere che Pennac non ha saputo farsi capire bene, fatto sta che ho trovato Ecco la storia noiosissimo, tanto da non averlo nemmeno terminato.
Sì, possiamo andare a ricercare il romanzo nel metaromanzo (o viceversa), possiamo individuare le diverse facce dello scrittore, i ruoli, i personaggi, nei diversi sosia di questo esotico Dittatore, e possiamo anche cercare di farci piacere gli interscambi tra fantasia e realtà, tra vita vera e invenzione, ma certo che se lo scrittore ce lo avesse raccontato con qualche migliaio di parole in meno forse il tutto sarebbe stato più godibile.
Forse Pennac ha voluto metterci troppo senza riuscire a farsi capire in pieno, o parlando di se stesso è scivolato sullo strafare, o non ha voluto fare altro che divertirsi tenendo in poca considerazione il piacere del lettore.
Mi domando: se ciò che Pennac intendeva dire veramente comincia ad apparire solo dopo cinquanta o sessanta pagine, tutto questo popò di tediosissima introduzione, che ce l’ha messo a fare? Per farci arrivare ormai sfiniti a quando secondo lui dovrebbe cominciare il bello?
Il Lettore 

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