Buoni i cappelletti? All’appuntamento con questa squisitezza io tengo molto: una delle poche tradizioni positive del
Natale, ma per quanto buoni mi piace mangiarli esclusivamente in questa occasione. Chi li prepara in qualsiasi
altro periodo dell’anno dovrebbe essere obbligato a mangiare cocomero
ghiacciato per l’Epifania. Ma torniamo a noi.
Scott
McCloud è un disegnatore
statunitense conosciuto soprattutto per il suo ciclo di saggi in cui spiega ai
profani il mondo del fumetto: Fare il Fumetto, Capire il Fumetto e Reinventare
il Fumetto sono i suoi tre titoli diventati famosi in tutto il mondo e
ormai indispensabili (oltre che pressoché introvabili) per chiunque intenda
avvicinarsi a questo ambiente. Da questi saggi io stesso ho preso molte idee
per i corsi che tengo di Scrittura creativa e Sceneggiatura del fumetto, per
cui a questo autore sono parecchio affezionato.
Oddìo, dovrò mica pagargli delle
royalties?
Questo Lo Scultore è il primo romanzo a fumetti che ha pubblicato:
un’opera corposa e impegnativa dai contenuti profondi.
David è un giovane scultore di belle speranze, figlio
di uno scrittore ignorato dal
pubblico e di una pittrice incompresa,
non realizzato a sua volta, senza un
soldo e sull’orlo della depressione. In una rivisitazione del Faust incontra un suo prozio da tempo deceduto che gli offre la possibilità
di poter realizzare qualsiasi
creazione egli voglia plasmando ogni materiale per mezzo delle sole mani. Il prezzo di tale opportunità è che, se accetta, avrà solo 200 giorni di tempo per scolpire,
dopodiché morirà.
David accetta questo patto surreale per poter
fare in modo che il suo nome resti impresso per sempre nella storia dell’Arte e dell’Umanità, ma le cose non
andranno nel modo in cui lui aveva sperato: critici e galleristi sembra che non
apprezzino comunque le sue creazioni, e il raggiungere un vasto pubblico per
soddisfare il suo forte desiderio di diventare famoso e di lasciare un segno indelebile
resta un traguardo anelato ma irraggiungibile.
Per complicare le cose David
si innamora e intreccia una relazione con una ragazza alla quale non può
confessare il segreto e la conclusione tragica oltre che inevitabile del patto
che ha stipulato. Da qui scaturiscono riflessioni sull’amore, sulla solitudine e sulle sofferenze del
vivere che rendono il romanzo profondo ma parecchio triste. È ovvio che non vi
dico come va a finire ma credetemi, sono stato anch’io per quasi cinquecento
pagine con l’ansia di arrivare in fondo per saperlo, e McCloud non ha deluso le
mie aspettative.
La sceneggiatura è del tutto in linea con la trama e con l’esperienza
dell’autore: molto variata sia nella composizione delle tavole che nella forma
delle vignette, con rallentamenti della lettura causati da numerosi primi e
primissimi piani con cui McCloud ha voluto che il lettore indugiasse nei dettagli,
e la scelta dei colori dominanti, azzurro e marrone, è coerente con la
psicologia di fondo.
Il tratto è quello
caratteristico di McCloud: pulito e circa a metà strada tra il puramente
iconico e il realistico, con personaggi ben caratterizzati e facilmente
riconoscibili che lasciano il posto a “sfoghi d’autore” quando il disegnatore
scioglie le redini della fantasia e raffigura in due dimensioni le sculture
realizzate da David. Che cos’è l’arte? Chi è che decide cosa possa o non possa
essere “arte”? Se una cosa piace a
una sola persona, può essere chiamata arte o deve essere apprezzata da molti?
Questi i temi su cui si
interroga l’artista, oltre alla morte, all’amore, alla passione e all’euforia
del vivere in un romanzo che, sia pure tristissimo e deprimente come contenuti,
mi ha lasciato pienamente soddisfatto al termine del volume.
Come dovrebbe essere per
molte opere d’arte.
Il Lettore fumettaro
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