venerdì 30 marzo 2018

La figlia modello


Un’altra lettura non andata a buon fine, ma attenzione! Questa volta non per colpa del romanzo, né dell’autrice, né di nessun altro. Non c’è alcuna colpa né alcun demerito. Il romanzo merita, dicono, e potrei essere perfettamente d’accordo, se solo avessi avuto il fegato di terminarne la lettura.
Qualcuno ha definito questo libro “un pugno nello stomaco”, e dal momento che a me che la boxe piace, il pugno ho cercato di scansarlo, piuttosto che incassarlo.


  

Tra l’altro di Karin Slaughter avevo già parlato bene qui e questo libro in particolare mi era già stato descritto da chi me lo ha consigliato come impossibile da lasciare una volta iniziato, ma dopo poche decine di pagine, una volta entrato nel pieno della vicenda, ho deciso che l’impossibilità era perfettamente superabile e l’ho abbandonato. Questa volta anche un pochino a malincuore, devo dire, ma chi me lo fa fare di soffrire? La lettura deve essere un piacere, se invece ti causa sofferenza per quale ragione uno dovrebbe proseguire?
Il problema è stato nei contenuti: di una crudezza al di sopra delle mie forze. Alle protagoniste ne succedono di tutti i colori, gli esseri più abietti e crudeli di questo mondo li incontrano tutti loro in uno specchio molto realistico della malsana società odierna, con reazioni e comportamenti di quelli che uno si augura di non incapparci mai nella vita propria e di quelli che si hanno intorno.
Il tutto descritto benissimo, anche troppo, da fartici calare dentro e soffrirne insieme ai personaggi del libro, e a un certo punto questo soffrirne ha avuto la meglio: ci ho pensato per bene e ho deciso che non faceva per me, sono tornato all’home page del lettore e ho cercato un altro titolo.
Ripeto: il romanzo merita, la Slaughter scrive molto bene e a qualcuno di voi piacerà sicuramente, ma io ho dato forfait.
Il Lettore 

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