Un altro scrittore nordico
che diventa famoso sull’onda innescata da Stieg
Larrson. Dopo la Svezia e la Norvegia stavolta siamo in Danimarca, dove Jussi Adler-Olsen ha dato vita al personaggio del solito poliziotto
imbranato ma geniale, esperto ma pigro, sfortunato ma consapevole, capace per
certi versi ma da mandare a cagare per molti altri, subissato di problemi
(ovviamente), il cui unico aspetto positivo mi è sembrato quello di avere un personaggio-spalla molto più
interessante del protagonista.
Non mi è piaciuto granché
questo La donna in gabbia, a partire
dalle motivazioni del cattivo di turno che architetta un rapimento funambolico
(ma mai spiegato nei particolari) con lo scopo di rinchiudere la donna sequestrata
in una camera iperbarica a una
pressione cinque volte maggiore di quella normale per poi ucciderla fra atroci
dolori dopo quasi sei anni (!!!)
riportando di colpo la pressione alla normalità. Della serie: dobbiamo far
colpo sul lettore, fanculo la plausibilità.
È come il cattivo di qualche altra situazione
che, invece di sparare subito al buono
immobilizzato e farla finita, si mette a narrargli tutta la storia della
propria vita dandogli modo di limare con le unghie la catena d’acciaio con cui
è legato, romperla, saltargli addosso mentre quello continua a blaterare e alla
fine trionfare.
Qui, un caso già chiuso viene
riaperto dopo cinque anni dall’eroe di turno che dopo 450 pagine di problemi
personali e minuziose indagini (unico lato positivo del libro, perlomeno
un’investigazione condotta come si deve. Il problema è che i passi che ha
intrapreso lui avrebbero dovuto essere stati compiuti dagli altri poliziotti
che avevano archiviato il caso cinque anni prima), alla fine scopre il
colpevole e si muove fulmineo per arrestarlo prima che uccida la donna, ma…
occavolo! Ho lasciato la pistola a casa!
Giuro, proprio così. Roba da
farti cadere le palle.
È per questo che al
protagonista ho preferito la figura della spalla,
sotto forma di un enigmatico profugo
siriano aspirante poliziotto, musulmano e caciarone, che viene affiancato
allo sbirro vero e che nel corso del romanzo rivela doti inaspettate e alla
fine contribuisce in modo sostanziale a risolvere la situazione.
Dicevo che il romanzo non mi
è piaciuto, poco plausibile, redatto per far colpo ma in definitiva troppo
lungo e pure leggermente noioso anche se scritto in una prosa decente. Si vede
invece che molta altra gente ne è rimasta parecchio soddisfatta, dal momento
che questo La donna in gabbia non è
altro che il primo capitolo di una serie di avventure con gli stessi
protagonisti, avventure nelle quali il poliziotto Carl Mørck e il suo aiutante Assad
si troveranno a sbrogliare altri cold
cases abbandonati da tempo. Un’ennesima conferma che i miei gusti non si
conformano a quelli della massa. Continuerete ancora a seguirmi?
Questo l’ho letto in
cartaceo, ma alcune altre vicende dell’inquirente danese mi sono state fornite
in digitale dal mio pusher di libri
in formato elettronico. Sinceramente, nonostante il successo non è che questa
prima avventura mi abbia fatto venire molta voglia di seguirne ulteriormente
gli sviluppi.
Lettore
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