Qualcuno di voi sicuramente
ricorderà che nel lontano agosto del
2013, poco dopo aver iniziato l’avventura di questo blog, avevo pubblicato questo post:
Andate a dargli un’occhiata,
capirete meglio quello che segue. Nell’articolo, per ovvie ragioni, non avevo
potuto citare l’autore né il titolo del romanzo che avevo trovato meritevole
di pubblicazione, né accennare al soggetto o alla trama.
Bene, oggi sono veramente contento di poter rivelare l’arcano.
Come anticipavo nel post il romanzo mi era piaciuto, ma
avvertivo anche l’autore, Massimo
Bertarelli, che, pur consegnando all’editore un responso positivo, la
strada per la pubblicazione sarebbe stata ancora lunga e difficoltosa, tanto è
vero che all’epoca non si concretizzò nulla nonostante fossero intercorsi anche
rapporti diretti tra gli interessati. Colpa anche della distanza fisica: ogni
editore locale lavora e promuove nella propria area, e a 600 chilometri di
distanza si muove meno bene.
Ma Massimo Bertarelli è un tipo tenace e non ha abbandonato le
speranze, proponendo Mi chiamo Ugo
ad altre case editrici fino a che non è stato pubblicato. Ed eccolo qui. Non
avevo dubbi che ci sarebbe riuscito: il romanzo merita a partire dall’impeccabile presentazione all’editore per
proseguire con lo stile e finire con i contenuti, e prima o poi anche qualcun
altro, oltre me, se ne sarebbe accorto.
Appena venuto in possesso
della copia stampata, con tanto di dedica personale e ringraziamenti, non
vedevo l’ora di rileggerlo e vedere se gli fossero state apportate modifiche
rispetto alla versione digitale che avevo
letto a suo tempo. Purtroppo, come è entrata in casa della copia se ne è
appropriata il mio editor, e ho
dovuto aspettare a denti stretti il mio turno. Ma la cosa che mi ha reso
soddisfatto, come conferma alle mie intuizioni, è stata quella che l’altra sera
mentre leggeva se ne è uscita con la frase: “questo Bertarelli scrive bene…”.
Finalmente venutone in
possesso avevo pensato di confrontare le due versioni, ma ben presto ho
rinunciato all’idea e mi sono tranquillamente lasciato prendere dalla lettura
nonostante conoscessi già lo svolgimento dei fatti.
Ugo è un barbone, un senzatetto, un clochard che vive nelle strade di Monza
ed è in una di queste che una sera viene preso di mira da un gruppo di
delinquenti che tentano di dargli fuoco.
Il malcapitato si risveglia in una stanza d’ospedale con diverse ustioni sul
corpo, ed è da questa stanza che parte il romanzo portando il lettore a
scoprire che il barbone è un ex ingegnere
caduto in disgrazia oltre che un profondo conoscitore
del significato intrinseco dei nomi, il quale comincerà un’indagine personale
su quanto gli è accaduto arrivando a scoprire l’esistenza di intrighi di una
profonda importanza sociale.
Al lettore il protagonista
appare da subito simpatico,
esteriormente cinico e disincantato ma interessato all’umanità delle altre
persone, e comincia ad appassionarsi alle sue investigazioni che, se da una
parte lo costringono in ospedale a più riprese, dall’altra permettono la
conoscenza di una serie di persone per le quali i senzatetto non sono solo dei
reietti da evitare ma esseri umani degni di considerazione che magari hanno
avuto solo più problemi degli altri.
Vi ho ritrovato lo stile che avevo conosciuto, semplice e
discorsivo, la leggibilità fluente fino
al termine senza cadute di interesse e lo svolgimento coerente con le premesse, insieme alla mancanza di refusi e
stonature che sta ad indicare una meticolosa curatela editoriale.
E un altro aspetto in cui
Bertarelli è stato bravo è quello di
parlare di Monza senza esagerare: in troppi romanzi scritti da non
professionisti la contestualizzazione viene enfatizzata, il luogo in cui si
svolgono i fatti viene descritto in modo aulico e ridondante per esaltarne le
attrattive fino a superare quel sottile limite che separa il credibile dallo
stucchevole, e così facendo rovinano irrimediabilmente i romanzi. È sempre un
camminare in bilico sullo strapiombo, e per fortuna Bertarelli non è caduto
dalla parte sbagliata.
Un bel lavoro, e sono
contento che dopo molte peripezie abbia visto la luce.
Tanto per essere pignoli (e solo
per essere coerenti con il mio, di cinismo),
se proprio devo andarci a trovare un difettuccio sarebbe quello che, ad
eccezione dei cattivi di turno, tutti i personaggi sono un po’ troppo politicamente corretti per apparire del
tutto reali: tutti umani e altruisti, comprensivi, intelligenti, intuitivi e di
gran cuore, a partire dai poliziotti per finire con infermiere e barbieri, ma è solo la
mia anima bastarda che fatica un po’ ad accettare
la credibilità della cosa. Tanto è vero che non credo molti altri ci abbiano
fatto caso…
Bravo Massimo, e bravo Ugo. Acc…
se per questo blog non usassi uno pseudonimo, pagherei volentieri un euro per
il significato del mio nome di battesimo…
Il Lettore soddisfatto
Ma Ugo accetta anche pagamenti virtuali e, grazie ai nostri buoni rapporti, mi ha pregato di dirti che:
RispondiElimina“ Il tuo nome è di origine ebraica, significa “giudicato da Dio”. Il tuo onomastico cade in ottobre se ti ritieni un martire, in luglio se hai ambizioni da profeta. Il tuo è uno dei tanti nomi teoforici in quanto contiene in sé la voce Dio (El è la contrazione di Elhoim). Da bambino sai conquistare tutti con un sorriso. Da adulto sai essere a volte capriccioso fino al limite dell’egoismo, ma molto più spesso sei in grado di sprigionare una gioiosa voglia di vivere. Non per niente sei maestro nel saper usare molto bene il tuo fascino, sia in occasioni galanti che in cene (magari sull’erba) conviviali: dalle adolescenti alle donne anziane, nessuna è in grado di opporsi al tuo fascino virile e seducente.”
Ma per questa ultima frase, Ugo ti consiglia di oscurare questo commento alla vista del tuo editor.
Un grazie commosso per questa stupenda recensione.
Massimo
Potenza della telepatia! Che bel significato... magari fosse vero! Fascino virile e seducente... quasi quasi ci credo, peccato che però sia rovinato dal carattere...
EliminaNon hai nulla da ringraziare, pura sincerità e lo sai. Stupenda poi... ci ho messo anche una piccola critica!