Ed ecco a voi un altro
Squizzalibro domenicale, anche questo imperniato sulla serie “ Le cose che non sopporto”.
Oltre al calcio, alla
napoletanità, alla bambinitudine e alle mamme logorroiche dei fanciulli c’è
anche un’altra cosa che non riesco proprio ad apprezzare, ma che anzi odio
proprio: le sagre.
Quelle manifestazioni che
molto tempo fa avevano un senso e ora non
più, nate come feste paesane ma ben presto trasformatesi in sistemi
procacciatori di voti politici e/o mezzi per far incassare quattrini a pochi
sfruttando fino allo sfinimento bonarie massaie di borgo e bambini ben al di
sotto dei limiti di età consentiti per il lavoro minorile.
Senza peraltro che vi sia una
ragione tradizionale fondata per
organizzarle.
Trovatemi voi una spiegazione
plausibile per la “Sagra del pesce
di mare” in un paesino a quattrocento chilometri dall’acqua salata più vicina,
o per una “Sagra dello speck” a Sud del Po. O per una “Sagra delle sagre” a San
Sisto.
La spiegazione comunque c’è
ed è semplice, ed è quella che con le sagre si incamerano un mucchio di
quattrini non pagando chi vi lavora
(che lo fa bontà sua per la “comunità”), non
pagando le tasse (non ho mai sentito di una sagra obbligata a farlo), e pagando pochissimo le materie prime
necessarie da dover poi rivendere a prezzi che oramai hanno raggiunto quelli di
qualsiasi ristorante.
Ai quali oltretutto le sagre
causano un danno incommensurabile,
perché perlomeno i ristoranti le tasse le pagano e chi vi lavora pure, e tutto
questo far pasteggiare i gonzi di
paese in paese non fa certo loro del bene.
Ho smesso del tutto di andare alle sagre. E se
qualche tempo fa abbozzavo alla richiesta di qualche conoscente solamente per amicizia e soffrendone non poco, adesso
ritengo che non ne valga più proprio la pena: cercare posto in parcheggi strapieni (in genere ricavati
su qualche prato alla faccia di
tutte le leggi contro l’inquinamento e sull’agricoltura biologica, avete
presente quante auto sgocciolano olio dal sottocoppa?), cacciarsi in un bordello inimmaginabile assordati da un
vociare a migliaia di decibel, sotto tettoie stracolme di centinaia e centinaia di esseri umani della più infima
qualità, combattere a gomitate per conquistare il posto a un tavolo strapieno, sopportare ore di fila per pagare alle casse, aspettare
che il bambino addetto al tuo tavolo
ti consegni quanto ordinato con una grazia inesistente, mangiare cibi che per quanto caratteristici sono
stati comunque realizzati in serie per una massa gastronomicamente ignorante,
va proprio al di là della mia capacità di sopportazione.
E se, tanto per tornare con
la memoria alle ultime sagre a cui sono stato, devo ammettere che la coratella dell’ultima in fondo non era male,
d’altra parte le rane fritte della
penultima facevano veramente schifo, e di conseguenza gli svantaggi superano di
molto i vantaggi. La delusione per un piatto cattivo riveste molta più
importanza dell’apprezzamento di una pietanza decente.
Ma questo come si allaccia al
libro di oggi? Perché il testo che vi propongo è pieno di abbuffate a feste paesane che, pur svolgendosi in un paese che non
è l’Italia, mi hanno fatto ricordare le deleterie sagre nostrane.
1 – Il libro da indovinare è
un romanzo in cui di abbuffate ce ne
sono diverse, con gare a chi mangia di più e chi perde è un pirla. Sazio ma comunque
pirla.
2 – L’autore è inglese. Con ascendenze dell’Europa
dell’Est ma nato in Inghilterra da genitori ivi immigrati dalla nazione in cui è ambientata la storia.
3 – Il contenuto è tragicomico. Non ho ancora deciso da
che parte far pendere la bilancia: di risate me ne ha fatte fare parecchie, ma
gli sfondi che fanno da retroscena a queste risate, se osservati con l’animo rivolto
alla serietà, sono di un tragico che più deprimente non si può. Di persone ne
muoiono a vagonate e c’è di mezzo il destino stesso di un’intera popolazione.
4 – Ma il tutto è narrato con
una leggerezza superiore, potrei dire fantozziana.
Tant’è vero che al mio editor, la
quale non apprezza proprio l’umorismo di genere fantozziano, il romanzo non è
piaciuto e ne ha addirittura sospeso la lettura prima di essere arrivata a
metà. L’umorismo basato sulla verità cruda ed esasperata non le è mai andato a
genio.
5 – La cosa veramente tragica
è che i fatti sui quali è basata la storia che fa da filo portante sono
accaduti davvero. È pura storia
europea, tutto già successo, e le vagonate di morti ci sono state veramente.
Ma bando alle tristezze che
oggi è domenica. Da domani mi voglio dar da fare per organizzare un movimento
politico contro le sagre. So già che
non avrò molti adepti, ma si deve pur incominciare a fare qualcosa, no?
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