martedì 26 dicembre 2017

Lo scultore

Buoni i cappelletti? All’appuntamento con questa squisitezza io tengo molto: una delle poche tradizioni positive del Natale, ma per quanto buoni mi piace mangiarli esclusivamente in questa occasione. Chi li prepara in qualsiasi altro periodo dell’anno dovrebbe essere obbligato a mangiare cocomero ghiacciato per l’Epifania. Ma torniamo a noi.
Scott McCloud è un disegnatore statunitense conosciuto soprattutto per il suo ciclo di saggi in cui spiega ai profani il mondo del fumetto: Fare il Fumetto, Capire il Fumetto e Reinventare il Fumetto sono i suoi tre titoli diventati famosi in tutto il mondo e ormai indispensabili (oltre che pressoché introvabili) per chiunque intenda avvicinarsi a questo ambiente. Da questi saggi io stesso ho preso molte idee per i corsi che tengo di Scrittura creativa e Sceneggiatura del fumetto, per cui a questo autore sono parecchio affezionato.
Oddìo, dovrò mica pagargli delle royalties?




Questo Lo Scultore è il primo romanzo a fumetti che ha pubblicato: un’opera corposa e impegnativa dai contenuti profondi.
David è un giovane scultore di belle speranze, figlio di uno scrittore ignorato dal pubblico e di una pittrice incompresa, non realizzato a sua volta, senza un soldo e sull’orlo della depressione. In una rivisitazione del Faust incontra un suo prozio da tempo deceduto che gli offre la possibilità di poter realizzare qualsiasi creazione egli voglia plasmando ogni materiale per mezzo delle sole mani. Il prezzo di tale opportunità è che, se accetta, avrà solo 200 giorni di tempo per scolpire, dopodiché morirà.
David accetta questo patto surreale per poter fare in modo che il suo nome resti impresso per sempre nella storia dell’Arte e dell’Umanità, ma le cose non andranno nel modo in cui lui aveva sperato: critici e galleristi sembra che non apprezzino comunque le sue creazioni, e il raggiungere un vasto pubblico per soddisfare il suo forte desiderio di diventare famoso e di lasciare un segno indelebile resta un traguardo anelato ma irraggiungibile.



Per complicare le cose David si innamora e intreccia una relazione con una ragazza alla quale non può confessare il segreto e la conclusione tragica oltre che inevitabile del patto che ha stipulato. Da qui scaturiscono riflessioni sull’amore, sulla solitudine e sulle sofferenze del vivere che rendono il romanzo profondo ma parecchio triste. È ovvio che non vi dico come va a finire ma credetemi, sono stato anch’io per quasi cinquecento pagine con l’ansia di arrivare in fondo per saperlo, e McCloud non ha deluso le mie aspettative.
La sceneggiatura è del tutto in linea con la trama e con l’esperienza dell’autore: molto variata sia nella composizione delle tavole che nella forma delle vignette, con rallentamenti della lettura causati da numerosi primi e primissimi piani con cui McCloud ha voluto che il lettore indugiasse nei dettagli, e la scelta dei colori dominanti, azzurro e marrone, è coerente con la psicologia di fondo.


Il tratto è quello caratteristico di McCloud: pulito e circa a metà strada tra il puramente iconico e il realistico, con personaggi ben caratterizzati e facilmente riconoscibili che lasciano il posto a “sfoghi d’autore” quando il disegnatore scioglie le redini della fantasia e raffigura in due dimensioni le sculture realizzate da David. Che cos’è l’arte? Chi è che decide cosa possa o non possa essere “arte”? Se una cosa piace a una sola persona, può essere chiamata arte o deve essere apprezzata da molti?
Questi i temi su cui si interroga l’artista, oltre alla morte, all’amore, alla passione e all’euforia del vivere in un romanzo che, sia pure tristissimo e deprimente come contenuti, mi ha lasciato pienamente soddisfatto al termine del volume.
Come dovrebbe essere per molte opere d’arte.
Il Lettore fumettaro

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